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IL 19/09/2019 su L’UnioneSarda.it

A Mogoro il teatro che resiste, con una dedica speciale alla tessitura sarda

Il teatro di periferia resiste. Anche in Marmilla. E anche a Mogoro grazie al gruppo di Teatro Tragodia, che sta vivendo settimane di debutti e nuove rassegne.
Ha riscosso un ottimo successo di pubblico e critica la prima dello spettacolo “Istòs” nel teatro de “La
Fabbrica delle Gazzose”, coprodotto con l’Emero Meraviglioso. Opera che nei prossimi mesi
racconterà la nascita della tessitura in Sardegna in maniera anche emozionale e immaginica, poi a
Londra e Hannover. Inoltre ha preso il via la nuova edizione della rassegna “Ultimo Teatro” con
compagnie da tutta l’Isola sino a metà novembre. “Perché il nostro teatro è anche una scommessa di
cultura per la nostra zona interna”, ha detto Virginia Garau, mente e motore di Tragodia, “resistere
signica dare ancora una speranza di crescita culturale e sociale a questo territorio”.
ISTOS – Sul palco ci sono Luna, sole e stella, tre sorelle che da bambine diventano donne e diondono
l’arte del lavoro al telaio in Sardegna. Ma ancora prima la loro madre. Il suo parto coincide con la
morte dello sposo. Perché morte e nascita si intrecciano nello spettacolo diretto magistralmente da
Maria Assunta Calvisi. Nel parto gomitoli che si trasformano in tre donne, le tre sorelle: prima
bambine, poi giovani, sino a donne mature. E quando si uniscono anche materialmente al telaio e
diventano un tutt’uno con esso, allora anche l’arte della tessitura è matura e pronta a diondersi in
tutta la Sardegna.
“Non abbiamo scelto un telaio sico in scena, ma un telaio immaginico, che cresce piano piano, come
lo stesso spettacolo”, ha sottolineato la regista.
Il pubblico prima si immagina il telaio in scena. Ci sono solo alcuni pali di legno. Poi le tre sorelle e la
mamma tessono, al ritmo di una frase, che quasi diventa un tormentone: “Tessiamo, sorelle
tessiamo”. E anche allo spettatore tocca elaborare da solo il messaggio lasciato da “Istòs”. “Perché noi
non ci siamo proposti di lasciare nessun messaggio”, ha concluso la regista, “ognuno può portare a
casa emozioni, sensazioni, pensieri e concetti, secondo il proprio gusto”.
Insieme alle quattro donne, in scena anche la gura misteriosa di un cervo, che nel nale scandisce il
ritmo del telaio oramai reale. Testo di Virginia Garau, ispirato al racconto “Il cervo in ascolto” di
Salvatore Cambosu. Sotto i riettori le attrici Rossella Faa, Giulia Giglio, Daniela Melis e Carmen Porcu,
il cervo alias Massimo Perra, costumi di Caterina Peddis, luci e supporto tecnico di Giuseppe Onnis e
Federico Floris, penna graca di Carol Rollo.
“Lo spettacolo, grazie al progetto Memory Wefts, farà conoscere la tessitura sarda a gennaio a Londra
e Hannover”, ha annunciato la Garau, “da mogorese, paese della tessitura in Sardegna, ho voluto
raccontare quest’arte, che rispecchia le mie origini e quelle della mia comunità”.
Le nuove date di Istòs in Sardegna: 4 ottobre a Sassari, 8 novembre a Nuoro, 24 novembre a
Monserrato, 30 novembre a Sinnai, 27 dicembre a Cagliari e l’1 febbraio il ritorno a Mogoro.
LA RASSEGNA – Intanto è in pieno svolgimento la nuova edizione della rassegna di Tragodia “Ultimo
Teatro” nei luoghi della era del tappeto, in piazza Martiri delle Libertà. Domenica alle 19 è in
programma i Figli d’Arte Medas in “Furore”, il 6 ottobre alla stessa ora l’Emero Meraviglioso con
“Anche oggi mi sento proprio bene”, il 13 ottobre i Barbariciridicoli in “Sa Tzuccada de s’Ummu”, il 20
ottobre il Crogiuolo con “Manifattura Tabacchi. Storie di lavoro al femminile”. Ancora il 3 novembre
“Campioni d’Italia” dei Figli d’Arte Medas, il 10 novembre “Come nastro di porpora” di Actores Alidos e
inne il 17 novembre i padroni di casa, Teatro Tragodia, con “Estrogenia 2.0”.

Antonio Pintori

Servizio del TGR Sardegna sullo spettacolo Istós

Sul sito del TGR SARDEGNA al minuto 14.25

La vita è un telaio

Recensione dello spettacolo Istós di Cosimo Filigheddu – www.sardegnablogger.it
Se leggendo Salvatore Cambosu cerchi di dare immagini e suoni a quel suo sogno così dolcemente malinconico di Sardegna ti ritrovi davanti al palcoscenico di “Istos”, lo spettacolo di Teatro Tragodia e L’Effimero Meraviglioso che ha inaugurato al Civico di Sassari il XXX festival Etnia e Teatralità organizzato dalla compagnia Teatro Sassari.
Istos in greco vuole dire telaio e la tessitura, in ogni mito e nell’immaginario antropologico, è simbolo di vita che diviene. Ma sta alla sensibilità di ciascun poeta o di ciascun drammaturgo attribuire a queste parche che incessanti formano il nostro destino l’immagine aspra e scorbutica di chi odia l’umanità o quella dolce e malinconica, tanto carica di amore, che Cambosu ha dipinto nel suo “Cervo in ascolto”, racconto di “Miele amaro” dal quale la scrittrice Virginia Garau ha tratto il bellissimo testo di questa operazione teatrale.
E’ la storia alle volte cantata, altre volte raccontata con parole e luci sapienti, altre ancora con semplici ma efficaci simboli scenici e con lenti, gravi ed eleganti movimenti, di una donna che mette al mondo tre piccole subito dopo avere appreso
della morte del loro padre lontano per cacciare il cervo. Le tre bambine crescono tra gioie e ripicche, dolori e vittorie, tristezze e allegrie imparando da una madre sempre giovane, simbolo di una sapienza eterna, e preparandosi a tramandare l’arte della tessitura, evidente rappresentazione della vita individuale e collettiva di un popolo in ogni suo aspetto buono e meno buono. Il tutto racchiuso da un grande telaio tessuto lungo tutta la durata dello spettacolo, che cresce insieme alle tre donne nate in scena, e sotto la sorveglianza di un oscuro cervo, che non sai quanto sia rassicurante o inquietante, quanto simbolo di una ferinità della Sardegna misteriosa, ancora coperta di magica foresta, cacciato e cacciatore, e quanto figura protettiva e discreta.
L’aspetto squisitamente narrativo di questo straordinario racconto è affidato dalla regista Maria Assunta Calvisi anche a musiche, suoni e luci di grandi fascino ed efficacia. In particolare le musiche della bravissima Rossella Faa, che è anche una degli interpreti insieme a Giulia Giglio, Daniela Melis, Carmen Porcu e Massimo Perra, che impersona la figura del cervo ed è anche l’esecutore di quelle percussioni così importanti nel disegno fonico.
Le luci di Giuseppe Onnis sono parte fondamentale di questo spettacolo, tracciando con discrezione i confini della scena nel suo evolversi e accompagnando ogni cambio di sensazione, guidando di volta in volta gli spettatori verso gli umori mutevoli delle tre donne e quelli eterni della loro madre- maestra. Molto agile anche la penna grafica di Carol Rollol, che traccia alla fine sullo schermo gli schemi delle tessiture sarde.
I costumi di Caterina Peddis sono suggestivi e di una eccezionale versatilità, consentendo alle tre figlie, senza alcun cambio d’abito, un’agile successione di vita che va dalla nascita da tre bozzoli indecifrabili sul palco che si aprono con le doglie della madre, sino alla loro piena maturità.
Davvero brave le quattro attrici, una ininterrotta performance, mai esitante, di recitazione, danza e canto, dove eccelle la splendida e struggente voce di Rossella Faa, che con le altre raccoglie il senso più profondo del mito per renderlo in una armonia malinconica e dolcissima, come il miele amaro del corbezzolo.