ANTIGONE

Il mondo è in guerra.
Mai, dalla fine della seconda guerra mondiale, lo è stato come oggi.
In Israele, Palestina e Libano la spirale di attentati e ritorsioni prosegue senza fine. In Iraq la resistenza islamica sta facendo rivivere agli statunitensi un nuovo Vietnam. In Afghanistan, i Taliban si sono riorganizzati e stanno conducendo una guerriglia sempre più minacciosa, mentre i signori della guerra locali continuano a combattersi fra loro.
In tutti i Paesi arabi, dal Marocco all’Arabia Saudita, dall’Algeria allo Yemen, ora anche in Turchia, gli integralisti islamici combattono contro governi ritenuti troppo moderati e filo-occidentali, usando l’arma che hanno a disposizione: il terrore.
Del terrorismo islamico e della ‘guerra globale’, veniamo informati tutti i giorni, anche se spesso in modo propagandistico e parziale. Ma nessuno parla delle altre decine di conflitti che si combattono nelle periferie più povere del villaggio globale, là dove gli obiettivi dell’informazione globalizzata non vanno a guardare.
In Cecenia, in Indonesia, nelle Filippine, in Nepal, in India, in Kashmir, nello Sri Lanka, in Uganda, in Burundi, in Sudan, in Somalia, in Costa d’Avorio, in Congo, oggi si combattono guerre che durano da anni e che hanno provocato centinaia di migliaia di morti, milioni di profughi, mutilati, orfani e vedove.

ANTIGONE rende partecipe sua sorella Ismene dell’intenzione di affrontare l’interdizione emessa dal re Creonte, anche a costo di essere lapidata dal popolo tebano, per portare a compimento i riti funebri sul corpo del fratello Polinice. Pur riconoscendo la correttezza morale del gesto, Ismene rifiuta di seguirla in questa impresa. La guardia allora informa il re della violazione del suo decreto.

Il re lo minaccia di infliggergli i peggiori supplizi se non gli avesse portato rapidamente un colpevole per discolparsi.

E’ con il cuore carico di reticenze che egli ritorna, accompagnato da ANTIGONE, sorpresa in flagrante delitto di recidiva. Lo scontro è immediato e totale: la giovane donna afferma l’illegittimità dell’editto regale, appellandosi alle leggi divine (e morali), non scritte ed eterne.

Quando Ismene riappare, è per sentirsi accusata da suo zio di aver partecipato alla cerimonia funebre e per esprimere il suo desiderio di condividere la sorte di sua sorella.

Tiresia sarà l’ultimo protagonista. L’indovino è venuto a dire al re che gli dèi non approvano la sua azione e che ci saranno patimenti per la città se ANTIGONE non verrà liberata e Polinice sepolto. Creonte insulta Tiresia e lo accusa di essersi venduto ai congiurati che minacciano il suo potere.

La regia è scarna ed essenziale, movimenti lineari e puliti.

In scena si muovono tanti “doppi” a partire da Antigone e Ismene sua sorella, infatti ve ne sono due di entrambe, due Creonte e due Tiresia.